I paesi più felici del mondo

Il 20 marzo è stata la Giornata Mondiale della Felicità. In un contesto economico dove paiono contare solo PIL e indice dei consumi, piano piano stanno emergendo nuovi fattori che possono contribuire a migliorare la qualità di vita e rendere più felici.

Per questo l’ONU ha indetto una giornata per celebrare la ricerca della felicità, sottolineando come essa debba essere uno degli obiettivi e aspirazioni primari nella vita di una persona. Ma quali sono i paesi più felici del mondo e secondo quali parametri?
Viaggiando per il mondo mi confronto spesso con diverse realtà di vita, situazioni dove il benessere e i servizi hanno standard inferiori a quelli del mondo occidentale, e  mi sorprende vedere come, a dispetto di ciò, la gente sorrida molto di più e sembri essere in grado di godere di più delle piccole cose. Di fronte a queste evidenze, è facile essere portarti a riflettere su quali siano i veri aspetti che possono rendere la vita più felice. 
Dal mio personale punto di vista, non sono il reddito pro capite e la ricchezza materiale da soli a elargire felicità, per quanto sia innegabile che un minimo benessere e sicurezza economica siano le basi per costruirsi un’esistenza serena. Ma spesso la corsa al successo e al guadagno si trasformano in motivi di stress, il desiderio di possedere sempre cose nuove diventa inappagabile e senza rendersene conto, si scivola nell’infelicità. 
Ho fatto una ricerca sui paesi considerati più felici al mondo, dove però i parametri della classifica non sono (solo) ricchezza e consumo ma anche modelli di crescita sostenibile e attenzione alla soddisfazione e all’equilibrio emotivo della popolazione.

Il Buthan e la Felicità Interna Lorda

Scopro allora che il Buthan, un piccolo stato asiatico, già da alcuni anni per calcolare il grado di benessere dei suoi abitanti adotta il FIL, la Felicità Interna Lorda!
I criteri presi in considerazione sono la qualità dell’ambiente e dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali. E’ così che il Buthan, uno dei paesi più poveri dell’Asia con un PIL pro capite di poco più di 2000 dollari, secondo questo standard è una delle nazioni più felici al mondo! Questione di punti di vista che non cambiano la sostanza, si potrebbe obiettare, e in parte è vero, ma siamo davvero sicuri che sia solo il denaro a determinare il grado di felicità di un popolo? O si potrebbe essere più felici accontentandosi di meno?

Scandinavi, freschi ma felici!

Senza andare a casi così estremi, ci sono numerosi esempi di paesi con livelli di ricchezza medio-alti dove un’attenzione maggiore al benessere psico-fisico della popolazione ha determinato un aumento della felicità nazionale rispetto a paesi con economie simili ma con popolazioni più insoddisfatte.
E’ il caso della Scandinavia, con Danimarca, Finlandia e Norvegia che occupano i primi posti tra i paesi più felici del mondo. E questo a dispetto di un tempo spesso capriccioso e cieli cupi per buona parte dell’anno. A influenzare la qualità della vita, oltre alla ricchezza materiale e la sicurezza di occupazione, l’attenzione all’ambiente, l’uso di fonti rinnovabili, la qualità etica dei prodotti. 

Costa Rica, dove la natura è fonte di felicità

Sorprende trovare nei primi posti della classifica dei paesi più felici del mondo il Costa Rica, il cui alto grado di felicità e soddisfazione della popolazione è determinato dalla ricchezza naturalistica del territorio, che vanta una delle maggiori biodiversità del pianeta, dal clima mite, dalla propensione alla convivenza pacifica, dall’impegno nell’utilizzo delle energie rinnovabili. Parametri distanti dai più classici lavoro, ricchezza, consumi, che misurano l’eticità e la virtù di un paese e che dimostrano come piano piano il concetto di felicità si stia allontanando dal mero livello di ricchezza materiale e si arricchisca di nuovi elementi che fanno leva su emozioni più profonde dell’io: la virtù, l’equità, l’armonia con l’ambiente. Un trend che fa ben sperare per il futuro dell’uomo e del pianeta e per un modello di vita più sostenibile non solo per l’ambiente ma anche per le persone, dove la qualità non sia più solamente legata a ricchezza e quantità.