In Sardegna sono arrivata tardi, dopo aver visto un bel pezzo di mondo: dopo i Caraibi, i paradisi tropicali del sud est-asiatico, dopo gli arenili infuocati d’Africa e quelli sferzati dal vento delle coste del nord Europa.

Ho aspettato tanto ad andarci, forse per via di quel gran parlarne come i Caraibi d’Italia, la Tahiti di casa nostra: i paragoni e le similitudini non mi sono mai piaciuti, li trovo inutili e spesso forzati. Poi un giorno, pensando alla meta di una nuova vacanza, la Sardegna mi è parsa naturale, come se d’improvviso fosse tempo per vederla e capirla con i miei occhi.
Ho presto scoperto che per questa terra, ancora meno di altri luoghi, i paragoni non hanno senso perché la sua formula di bellezza è davvero qualcosa di unico.
Una costa frastagliata ricoperta di macchia mediterranea, dolci anfratti che si aprono in vertigini d’azzurro, un dedalo di sentieri che si inoltrano tra la vegetazione riparando dal solo cocente: snocciolati così sembrano gli ingredienti di tante altre destinazioni mare, ma l’eccezionalità sta nella tavolozza di colori saturi che colpisce i sensi fin quasi a stordirli, con punti di azzurro che sfumano in bianco, e verde smeraldo che si fonde al blu intenso.

Ho scelto di avvicinarmi a questa terra esplorando la sua zona più famosa, la Costa Smeralda, ma in un inizio giugno ancora tiepido e silenzioso, quando le sinuose strade che salgono verso la Maddalena sono vuote e le spiagge piccoli paradisi isolati.

Mi sono bastati due giorni per arrendermi a tanta bellezza e capire che la fama che accompagna la Costa Smeralda è giustificata, e non tanto per l’anima glamour che personalmente non mi interessa e che a giugno è ancora sopita, ma proprio per quei paesaggi che hanno il potere di togliere il fiato quando ci si posano gli occhi sopra.
Porto Rotondo e Porto Cervo ne sono le stelle più acclamate, ma i loro porti turistici straripanti di lussuosi yachts e le vetrine blasonate francamente mi interessano poco. Il vero lusso qui è venirci all’inizio o alla fine della stagione, quando si può godere di tanta meraviglia naturale in solitudine.
Lasciandomi alle spalle i centri turistici più inn, ho preferito perdermi tra baie celate nella vegetazione, come piccoli diamanti che qualcuno sembra aver voluto nascondere tra gli anfratti della costa: luoghi che non hanno bisogno di un nome per avere una ragione d’essere, come se le parole qui perdessero consistenza, restando a fluttuare in un turbinio di luce e colori.

Scendendo verso Olbia la strada a curve cede il passo a lunghi rettilinei che costeggiano la costa piatta, tra zone acquitrinose e candide strisce di sabbia. Come La Cinta, una lunga mezzaluna di un bianco accecante che orla la costa di San Teodoro, un piccolo paese a sud di Olbia, ideale per una vacanza tranquilla, lontani dai fasti della Costa Smeralda ma abbastanza vicini da poterci arrivare con un piacevole viaggio in macchina.

Poco più su di La Cinta, Cala Brandinchi è chiamata La piccola Tahiti: non saprei dire se il paragone ha senso, non ho avuto la fortuna di vedere Tahiti, ma so che questa baia color smeraldo è un balsamo per gli occhi e la mente; l’ho vista in un giorno assolato, deserta e silenziosa, nessuna sdraio, nessun bar, nemmeno il carretto di un ambulante a scalfirne il silenzio, come se ogni piccolo rumore diverso da onde e vento fosse un sacrilegio; a guardarla mi ha ricordato l’arenile di una di quelle isole deserte ancora inviolate, nessuna traccia del passaggio di altra gente.

E’ forse questa la formula magica che rende speciale la Sardegna: il saper ancora regalare sogni di solitudine, calli immobili e promontori silenziosi dove sedersi ad ammirare la natura, ascoltandone la voce e mischiandola all’eco dei proprio pensieri.

Guida al viaggio

Per Olbia ci sono tantissimi voli dai principali aeroporti italiani ma io vi consiglio il traghetto così da poter avere la propria auto al seguito (risparmiando così sul noleggio),
indispensabile per esplorare la costa e l’entroterra alla ricerca di paradisi naturali solitari. Per info sul servizio traghetti cliccate qui.