Ad Ankor sono arrivata dopo un lungo e avventuroso viaggio lungo improbabili strade fatte di terra e fango. Ankor è una di quelle mete dove arrivi carico di aspettative e di quell’emozione che deriva dalla consapevolezza di essere in un posto speciale che probabilmente non rivedrai mai più, tanto e remoto e distante.

Impressionante è l’aggettivo giusto per  questo sito archeologico immenso, il più importante del Sud Est Asiatico, distribuito su oltre quattrocento km quadrati su cui sono sparsi templi, bacini, canali e strade.
Ankor fu il cuore dell’Impero Khmer che per oltre cinquecento anni dal IX e XV secolo rappresentò la più grande potenza del sud est asiatico; una città che arrivò ad avere una popolazione di un milione di abitanti quando Londra era ancora una piccola cittadina.

Una dinastia di imperatori impegnati in una gara per costruire templi sempre più maestosi e imponenti che consegnassero ai posteri un segno tangibile della loro potenza. La fine dell’Impero arrivò nel XV secolo, una rovina totale e senza appello: sconfitti dai thailandesi i Khmer si ritirarono più a sud lungo il Mekong dove costruirono una nuova capitale che mai conobbe la grandezza di Ankor, e col tempo finirono persino per dimenticare il loro grande passato; abbandonati,  i templi vennero lentamente avvolta dalla giungla, un’enorme Atlantide di pietra che scomparve piano piano nel fitto intrico della vegetazione tropicale. Un oblio durato oltre 400 anni.

E’ una storia di abbandono e riscoperta quella di Ankor, ma proprio in quell’abbandono risiede parte della suggestione che oggi regala il sito, immerso nell’inestricabile groviglio della giungla che avvolge le rovine, i rami come tentacoli di un’enorme piovra che pare volerne proteggere il lungo sonno.
Dopo secoli di silenzio, piano piano la giungla iniziò a restituire ciò che aveva a lungo gelosamente custodito. 
Ancora oggi il legame tra pietra e vegetazione è forte e indissolubile, la giungla ha concesso spazio permettendo all’uomo di riportare alla luce la leggendaria città di pietra ma senza rinunciare ad un contatto fisico con le rovine. Lo spettacolo che si prospetta al visitatore nell’addentrarsi tra gli edifici è impressionante: enormi alberi che si innalzano sopra ai templi, languide radici avvinghiate alle pietre, vegetazione che si è fatta strada in ogni angolo, in ogni cavità, trovando nei templi un fresco e sicuro riparo dal sole accecante.
Ma il fascino di Ankor non finisce qui e si fa mistero: quello che si cela nella vera destinazione d’uso di questa enorme città, ancora oggi non del tutto chiara; quello che si legge nel sorriso enigmatico dei volti del tempio del Byron, una moltitudine di enormi visi di pietra che paiono osservare e scrutare i passanti; o quello delle danzatrici scolpite nei bassorilievi che corrono lungo il perimetro dell’enorme Ankor Wat, il tempio più grande e maestoso: affascinanti,  sinuose e voluttuose, sembra di vederle ancheggiare al ritmo di una musica immaginaria.
Ad Ankor è bello entrare nei templi, seguire i lunghi corridoi avvolti nella semioscurità che odorano di foglie e di muschio, per ritrovarsi in qualche antro dove un monaco ci accoglie sorridente mentre brucia incenso e prepara le offerte votive per gli Dei. E’ bello toccare la roccia nuda, che trasuda storia e racconti. E’ bello sedersi, stanchi dal lungo andare e dall’aria pesante carica di umidità e calore, e restare in silenzio ad osservare i templi che si sono inchinati all’ineluttabile potenza della natura, lasciandosi avvolgere dal voluttuoso abbraccio della giungla.
Se si rimane ad ascoltare forse si potrà sentire la voce di Ankor, quella degli infiniti bassorilievi che raccontano storie antiche di battaglie sanguinose, vendette e sconfitte. E’ la voce dell’acqua che scorre negli enormi canali e scivola dolcemente nei bacini, riflettendo sulla superficie increspata la magnificenza dei templi. Sono le voci dei bambini che vendono monili ai turisti per poi buttarsi festosi in acqua.


Sorrisi, sussurri e silenzi, un mondo che pare emergere dal passato, una civiltà sommersa che continua ancora oggi ad affascinare con la sua carica di mistero e bellezza senza tempo.