Ad Ankor sono arrivata dopo un lungo e avventuroso viaggio lungo improbabili strade fatte di terra e fango. Ankor è una di quelle mete dove arrivi carico di aspettative e di quell’emozione che deriva dalla consapevolezza di essere in un posto speciale che probabilmente non rivedrai mai più, tanto e remoto e distante.
Una dinastia di imperatori impegnati in una gara per costruire templi sempre più maestosi e imponenti che consegnassero ai posteri un segno tangibile della loro potenza. La fine dell’Impero arrivò nel XV secolo, una rovina totale e senza appello: sconfitti dai thailandesi i Khmer si ritirarono più a sud lungo il Mekong dove costruirono una nuova capitale che mai conobbe la grandezza di Ankor, e col tempo finirono persino per dimenticare il loro grande passato; abbandonati, i templi vennero lentamente avvolta dalla giungla, un’enorme Atlantide di pietra che scomparve piano piano nel fitto intrico della vegetazione tropicale. Un oblio durato oltre 400 anni.

Sorrisi, sussurri e silenzi, un mondo che pare emergere dal passato, una civiltà sommersa che continua ancora oggi ad affascinare con la sua carica di mistero e bellezza senza tempo.