© silviaromio.altervista.org

Tutte le scenografiche rievocazioni del Carnevale di Ivrea trovano la loro massima espressione nella famosissima Battaglia delle Arance. Questa festa, giudicata spesso violenta e pericolosa e per questo evitata e temuta da molti, ha in realtà un’origine molto “gentile”; deriva infatti dalla moda ottocentesca tipica delle zona della Liguria e Costa Azzurra secondo la quale le fanciulle negli ultimi giorni del Carnevale lanciavano dai balconi delle proprie abitazioni fiori e frutti agli aspiranti corteggiatori. L’arancia in particolare, frutto del sud,  con la sua connotazione esotica dava maggiore colore a questo rito. Il carattere battagliero degli eporediesi ha fatto sì che questo gesto gentile e borghese fosse presto colorito di una nuova verve trasformandolo in un vero e proprio lancio.

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In realtà oggi rispetto al passato, quando le arance venivano lanciate dai balconi ai malcapitati passanti, sono state introdotte numerose regole, a cui tutti i lanciatori si adeguano scrupolosamente, che rendono lo spettacolo sicuro per tutti colori che vogliono assistere senza partecipare: la battaglia si svolge infatti solamente nelle piazze della città ed è fatto invece divieto di lanciare nel resto delle strade; basta posizionarsi dietro le reti protettrici di cui vengono muniti gli spazi adibiti ad arena per la battaglia per godere dello spettacolo in totale sicurezza.

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Le uniche accortezze sono l’indossare un kway e delle scarpe impermeabili per ripararsi da schizzi e dalle strade che si ricoprono di arance spiaccicate. Io stessa sono arrivata al Carnevale timorosa che fosse pericoloso ma ho potuto constatare che se si vuole è facile rimanere in posizione sicura pur assistendo allo spettacolo.
Perché di spettacolo si tratta, un evento di grande allegria e di sana rivalità, nel quale si affrontano le squadre degli aranceri sui carri, i cui componenti sono muniti di corazze e caschi protettivi, e quelle di aranceri a piedi, forti di un numero ben maggiore ma privi di qualsiasi protezione. La cosa più bella come spettatore è vedere con quanta foga gli avversari si diano battaglia testa a testa per poi, al fischio di pausa, stringersi le mani tra sorrisi e abbracci.

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Molto più che la battaglia in se, e’ questo senso di rivalità buona, di orgoglio per la propria squadra ma al contempo di fairplay verso gli avversari il tratto distintivo che maggiormente emerge e che colpisce lo spettatore. Prima di vederlo di persona consideravo la battaglia un evento eccessivamente violento e pericoloso ma dopo averne respirato il clima di festa e cameratismo e il travolgente e contagioso  entusiasmo della sua gente quello che mi rimane negli occhi e nel cuore è questo grande senso di appartenenza, questa forte volontà di esserci e di partecipare.

Ivrea mi ha insegnato l’orgoglio di appartenere ad una città e la passione di voler essere parte attiva della sua storia e delle sue tradizioni.