Avis de coup de vent sul les Poulains© Philip Plisson

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La prima volta che vidi il faro di les Poulains fu in un poster appeso fuori dalla vetrina di un negozio di quadri a Vicenza. Me ne innamorai all’istante: quella minuscola chiesa (solo molto tempo dopo avrei capito che in realtà è un faro)  sola nella vastità della brughiera, che affronta la forza incontenibile dell’oceano in tempesta catalizzò la mia attenzione. Rapita dal fascino dell’immagine, comprai subito il quadro destinandolo alla parete del mio salotto. Il titolo,  “Avis de coup de vent sur les Poulains“, stampigliato proprio sotto all’immagine, stranamente non mi indusse a chiedermi dove fosse Les Poulains, né il nome chiaramente francese mi spinse a cercarlo sulla mappa di Francia per andarci; in qualche modo avevo dato per scontato che un posto tanto suggestivo non potesse che essere distante e irraggiungibile, magari in una remota isola del nord del mondo scoperta da un coraggioso esploratore francese che le aveva dato il nome. Era come se quel luogo che ai miei occhi rappresentava la meta ideale  – la brughiera solitaria, le falesie, l’oceano immenso – fosse troppo perfetto per esistere davvero, per rappresentare una meta raggiungibile, e fosse destinato a rimanere dentro i confini di un quadro.

© silviaromio

Quando anni dopo durante il mio primo viaggio in Bretagna vidi una cartolina identica al quadro del salotto in mostra fuori da un negozio di souvenir e ne lessi il titolo sul retro Pointe Les Poulains, Belle Ile en Mer, Bretagne, l’emozione mi paralizzò per un istante: la soluzione era sempre stata lì, davanti ai miei occhi, contenuta proprio in quel titolo che avevo letto e riletto centinaia di volte.
Per una qualche strana ragione per una volta non ero stata io a scegliere una meta ma lei a trovare me. Ero arrivata in Bretagna attirata dai paesaggi aspri delle sue coste, dal suo mare tumultuoso, dalle tradizioni celtiche, ma mai per un attimo mi aveva sfiorato il pensiero che proprio in quella terra avrei potuto trovare il luogo ideale della foto.
La mattina in cui mi imbarcai sul traghetto che nel giro di un’ora dal porto di Quiberon, nel sud della Bretagna, porta a Belle Ile en Mer, avevo il cuore in gola; di lì a poco sarei arrivata a Pointe les Poulains, la punta a nord ovest di Belle Ile che ospita il faro, che nella foto avevo scambiato per una chiesa,  situato su di un’isola rocciosa che con l’alta marea viene separata dalla costa.
Belle Ile è un’isola straordinaria, romantica e solitaria, con un mosaico di variopinti paesaggi fatti di spiagge incontaminate, piccoli villaggi di pescatori, campagna verdeggiante ma sopratutto spettacolari scogliere sferzate dall’oceano; una tavolazza di colori che variano dal verde dei campi all’azzurro del cielo al blu intenso del mare, campagna a perdita d’occhio attraversata da strade solitarie che seguono il profilo sinuoso della costa.
Galvanizzata dall’atmosfera bucolica decisi di affittare una bicicletta per raggiungere les Poulains sulle due ruote, preoccupandomi di farmela dare con un panier, un cestino per appoggiare lo zaino della reflex, ma forse avrei fatto meglio a farmela dare col motore! Belle Ile è un’isola relativamente grande e, come ho scoperto a mie spese, dove le lunghe distese di campagna sono in realtà dei falsipiani che nascondono pendenze insidiose per i ciclisti poco allenati come me. Les Poulans me la sono dovuta conquistare col sudore ma all’arrivo, il paesaggio mi ha ripagata di ogni fatica.
Dopo due ore di pedalate il cuore mi è balzato in gola quando ho letto il cartello Pointe des Poulains alla fine della lunga strada che conduce fino all’estremità dell’isola.

© silviaromio

Il luogo dei miei sogni non ha tradito le mie aspettative: il fascino selvaggio e incontaminato della costa, la struggente solitudine del faro solitario, l’impetuosità dell’oceano, tutto quello che avevo ammirato tante volte nel poster era lì, vero e tangibile, davanti a me. Un luogo meraviglioso, dove rimanere ad ascoltare la voce dell’oceano, il canto dei gabbiani, osservare le nuvole che corrono veloci sferzate dal vento. All’interno del faro sono conservate delle foto e dei documenti che ne raccontano la storia e aiutano ad immergesi nell’atmosfera raccolta di questo luogo singolare, lontano dal resto del mondo, dove l’energia della natura si sente  nel fragore delle onde, nel nero delle scogliere e nel verde rassicurante della brughiera.