E’ difficile spiegare che cosa sia il quartiere vecchio di Hanoi, arduo cercare di racchiuderlo dentro una definizione di poche parole. Groviglio di strade, brulicare di vita, babilonia di lingue, vorticoso miscuglio di colori e forme… potrei continuare all’infinito ma sono certa che mai riuscirei a trovare le parole adatte a contenere la stravagante, enigmatica, persino eccessiva seduzione del Quartiere Vecchio della capitale vietnamita. Forse la cosa più semplice da dire è che Hanoi è l’Asia, quella vera, autentica, grezza, a tratti persino scomoda, quella che altre metropoli orientali hanno già cancellato, fagocitata da grattacieli e sfolgoranti centri commerciali. 

Tra medioevo e modernità

Il Quartiere Vecchio di Hanoi, anche se non immune alla globalizzazione, ha mantenuto l’atmosfera medievale, operando una trasformazione al contrario: qui sono i marchi internazionali ad essersi adattati all’ambiente urbano, esibendo le loro immacolate vetrine accanto a vecchie botteghe di ciabattini e falegnami, empori decadenti e piccoli caffè dai tavolini sbiaditi dal tempo e dallo smog. Anche le vie più turistiche lungo le quali si allineano decine di negozi di souvenir mantengono il tipico carattere orientale, basta dare uno sguardo al marciapiede perennemente invaso di motorini parcheggiati e banchi ricoperti di chincaglierie varie. 

Avanzare per le vie non è facile, uno slalom continuo tra mezzi e gente in movimento, ognuno ad un passo diverso: risciò che si muovono al rallentatore, motorini che guizzano simili a pesci dentro e fuori dal flusso del traffico, biciclette caricate all’inverosimile sospinte alla moviola da personaggi bizzarri. Mentre girovago nel labirinto di strade un’anziana signora nota il mio disorientamento e inarca le labbra grinzose in un radioso sorriso, rivelando una dentatura oramai scomparsa: nella spontaneità di quello sguardo c’è tutta l’autenticità di questa città strana, inafferrabile, suadente, che non ha paura di mostrarsi per quello che è veramente, lasciando scegliere al visitatore se amarla od odiarla. La verità è che Hanoi non permette mezze misure, o la si ama o la si detesta; per amarla bisogna accettarne la confusione, lo stordimento acustico e visivo, i rivoli d’acqua nera che corrono lungo i canali di scolo, e imparare a guardare a cuore aperto, scrollandosi di dosso i condizionamenti che imprigionano i sensi ammaestrati da ordine e pulizia. Si spalancherà allora davanti ai proprio occhi la magia del Quartiere Vecchio e tutti i dettagli saranno versi che battono il ritmo di un’unica poesia: venditori ambulanti con ceste cariche di frutta e fiori, bancarelle fumanti che servono noodles e spargono nell’aria l’aroma di caffè tostato, negozietti simili alle vecchie botteghe di paese con l’anziano proprietario seduto fuori a leggere il giornale in attesa dei clienti. Una poesia che bisogna imparare a leggere e interpretare, seguendone il giusto ritmo, ora lento ora veloce, chiamando all’appello tutti i sensi per riempire narici, occhi e pensieri di un mondo lontano e straniante, carico di una unicità e diversità oggi più che mai tesori preziosi da rispettare e custodire.

Le corporazioni del Quartiere Vecchio

Anche se servono gli occhi fissi sulla strada per schivare i mezzi in movimento, non bisogna mai dimenticarsi di fermarsi e guardare in alto per osservare le facciate delle case medievali di Hanoi. Fu qui che nel XIII secolo si stabilirono 36 diverse corporazioni di mercanti, ognuna delle quali diede il nome alla propria via. Oggi le vie del Quartiere Vecchio sono oltre 50 e sono ancora indicate con il termine Hang (merce) seguito dal nome della mercanzia che vi si vende. 
Con il mio tipico approccio metodico, guida alla mano cerco di seguire un itinerario stabilito per visitare le principali vie del commercio ma devo quasi subito rinunciare: impossibile orientarsi in questa baraonda, arduo scovare le targhe delle vie mimetizzate tra inestricabili matasse di fili della corrente che risalgono i muri e pendono da una casa all’altra. Spossata dal caldo e dalla confusione, mi arrendo all’unico approccio possibile a questo mondo: lasciare che sia la strada a guidarmi. Mi aggiro così senza meta tra i vicoli, scoprendo ad ogni angolo un universo nuovo: vetrai, fabbri, venditori di scatole di latta, fabbricanti di stuoie, sartorie, coloratissimi negozi di sete che ammiccano alla mia passione per i foulard, antiche erboristerie che profumano di erbe e spezie, artigiani di lacche e persino negozi che vendono lapidi. E’ come percorrere in pochi minuti la storia dell’artigianato tornando indietro nel tempo a mestieri che credevo estinti e che qui invece, in questo piccolo mondo medievale, sopravvivono e dividono lo spazio con negozi di cellulari all’ultimo grido. L’Asia passata, presente e futura si incontra qui, nel cuore di Hanoi, in un inestricabile intreccio di volti, gesti e tradizioni.
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