Verde. Alberi frondosi che oscillano al vento.

Blu. Mare a perdita d’occhio che si stende come un lenzuolo increspato sotto ai nostri piedi.
Bianco. Schiuma di onde che sbatte sugli scogli per poi esibirsi in complicate piroette aeree.
Nero. Alte rocce scure che si protendono a toccare il mare.

Silenzio che avvolge i sensi come una coperta calda.
Fruscio di foglie che accarezza la mente e ne culla i pensieri.
Fragore di onde impetuose che sprigionano energia.

Prima che un ricordo della mente, quello della visita al Monastero di Santa Croce, sulla collina sopra Bocca di Magra, è un ricordo dei sensi. Suoni e colori che investono e riempiono occhi e narici inebriando mente e cuore.
Mai avrei pensato che un monastero potesse avere un impatto così forte, proprio io così poco avvezza alla dimensione religiosa. Eppure già quando il grande cancello nero si spalanca di fronte a noi mi sento investita da un aura di pace da cui tutto il luogo sembra avvolto. La posizione è spettacolare, un panorama mozzafiato sopra al golfo, da qui si distingue nettamente il fiume Magra che sbocca in mare, le case del borgo, le spiagge lungo la riva opposta e l’inconfondibile profilo delle Apuane.


Cammino lungo il sentiero che dalla cima della collina conduce giù al mare, enormi alberi secolari segnano la via, i loro rami scuri stagliati contro l’azzurro del cielo creano complicate trame simili ad opere astratte; chissà quante storie avrebbero da raccontare, erano qui quando il Monastero fu eretto, sul finire del 1800, allora una elegante dimora patrizia con la foggia di castello medievale commissionata da una facoltosa famiglia di industriali del marmo, i Fabbricotti. Oggi la dimora è una Casa di Spiritualità gestita dai Padri Carmelitani Scalzi che offrrono ospitalità a religiosi e gente comune, giovani, famiglie ed anziani, chiunque abbia voglia di rifugiarsi in questo luogo di pace e tranquillità per trascorrere giorni sereni lontani dal caos della vita di tutti i giorni. Un posto che induce alla meditazione, alla riflessione, dove soffermarsi sui pensieri o lasciarli volare e rimanere a mente libera e cuore aperto, pronti ad assaporare ogni singolo attimo di questa meraviglia.

Assieme alla nostra guida, Padre Marco, un giovane frate carmelitano dal viso simpatico e sorridente , arriviamo all’antico monastero, una costruzione in mattoni rossi risalente al 1100. E’ qui, nella cappella della chiesa romanica, che è conservato l’antico crocifisso ligneo, l’elemento forse più misterioso e affascinante del luogo: rimaniamo alcuni minuti in silenzio ad osservare il volto ieratico del Cristo, scolpito da una mano sapiente e capace di una grande qualità; nel crealo l’artista si ispirò alla teologia dell’epoca che ignorava il dolore della croce, consegnando così un Cristo altero e vittorioso, con indosso le vesti sacerdotali. Un’immagine lontana da quelle a cui siamo abituati ma non priva di una profonda intensità.


Dal monastero antico si gode di una vista a 180° sulla costa, verde e azzurro si fondono in una perfetta sinfonia accompagnata dal rumore del mare e del vento. Padre Marco ci indica la sua stanza le cui finestre si affacciano sul mare: posso solo immaginare cosa possa significare svegliarsi la mattina a cospetto di questo panorama! Chiudo gli occhi, un raggio di sole penetra tra le nuvole e mi accarezza il viso, rimarrei qui ore cullata dal fruscio degli alberi ma devo seguire il gruppo che già sta proseguendo lungo il sentiero che scende al mare.
E finalmente un’esplosione di blu ci riempie gli occhi, l’odore di salmastro si fa inebriante. Ci affacciamo alla terrazza che si protende verso il mare, è così vicino che se si tende la mano si possono sentire gli spruzzi delle onde che si infrangono sul parapetto. 
Il vento è forte, il cielo è ancora carico di nuvole ma anche così lo spettacolo è magnifico, le rocce rivestite di folta vegetazione sembrano gettarsi in mare e qualche piccola baia si fa spazio lungo il profilo aspro della costa.
Si potrebbe passare ore sospesi tra mare e cielo, tra silenzio e quiete, uno spazio mentale, oltre che fisico, dove ritrovarsi o perdersi dolcemente. 
Mi piace l’idea che il concetto di “ritiro spirituale” che il monastero propone non rimanga confinato dentro i limiti di una definizione che lo collega alla religione ma venga interpretato in un’accezione più ampia: non serve essere uomini di fede per venire qui, i Padri Carmelitani aprono le porte a tutti coloro che cercano un luogo dove riposare e meditare o semplicemente a chi ha voglia di una vacanza diversa. Ma bastano anche poche ore per concedersi una rigenerante passeggiata nel parco, un momento di pace e serenità che tutti dovremmo regalarci ogni tanto, un luogo dove nutrire mente e cuore di silenzio, aria e luce.